“Piazza delle Cinque Lune” di Renzo Martinelli
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Il thriller del Caso Moro
“Piazza delle Cinque Lune” è l’efficace dimostrazione che è possibile raccontare degli importanti capitoli di storia italiana con un linguaggio filmico moderno, ricco di suspense e di azione. In tale chiave, il film di Renzo Martinelli esplora il “caso Moro” con un’attenzione filologica degna del miglior Francesco Rosi (si veda “Il caso Mattei”), ma con un ritmo grandemente accentuato e degli inserti di fiction drammaturgica tesi ad alimentare il pathos della narrazione. L’autore ci aveva già fornito ottime prove di film-inchiesta ad alto tasso di dinamicità con i precedenti “Porzus” (1997) e “Vajont” (2001), ma in questo nuovo film Martinelli si supera perché la sua opera riscrive e riaccende i riflettori sulla vicenda italiana più drammatica del dopoguerra: il rapimento e il successivo assassinio dell’on. Aldo Moro da parte delle Brigate Rosse. Le giovani generazioni non sanno quasi nulla di quei tragici fatti, che eppure hanno cambiato il volto socio-politico dell’Italia. Quindi è bene ricordare che tutto ha inizio 25 anni fa, quando il 16 Marzo 1978, verso le 9 del mattino, un commando delle B.R. appostato nella romana via Fani apre il fuoco sulla scorta dell’on Aldo Moro, sequestrando il Presidente della Democrazia Cristiana ed uccidendo gli agenti Raffaele Iozzino, Oreste Leonardi, Domenico Ricci, Giulio Rivera e Francesco Zizzi.
Già allora, si formulò l’ipotesi che il movente del sequestro avesse un ovvio obiettivo: bloccare sul nascere il progetto dello stesso Aldo Moro di inserire in qualche forma il Partito Comunista Italiano nella maggioranza di Governo. Un obiettivo demenziale come le stesse B.R., si diceva, e il teorema sembrava potesse reggere. Ma ora il film di Martinelli rovescia tale tesi: le B.R. sarebbero state la manovalanza manipolata da altri dementi: i servizi segreti impegnati a tenere ancora ben calda la “guerra fredda”. Il “sequestro Moro”, insomma, assieme alle stragi di Piazza Fontana, di Brescia, dell’Italicus, sarebbero, in sintesi, il tragico tributo di morte che l’Italia ha dovuto pagare per avviarsi ad essere uno Stato compiutamente democratico. Ma ora ai maledetti artefici di tutto questo urliamo: basta! Come grida in “Maledetti voi…” Luca Moro, nipote di Aldo Moro, che nei titoli di coda della pellicola canta una canzone che, da sola, per forza emblematica, vale tutto il film. Come è emblematica e agghiacciante la testimonianza della madre di Luca, la signora Maria Fida Moro, figlia di Aldo Moro, che, in esclusiva per Palcoscenico, riguardo alle avvisaglie del calvario patito dal padre, ci ha dichiarato: «Io ho 56 anni e da quando ho l’età della ragione, quindi verso i sette anni d’età, so con certezza assoluta che la mia famiglia in parte o in toto finirà in un lago di sangue. L’ho sempre saputo. Tutta la mia infanzia è stata funestata dal fatto che avevano minacciato papà e mamma di portare via i miei fratelli minori e di rimandarli indietro tagliati a pezzi in una valigia.
Io ho vissuto così. Non volevo assolutamente un figlio perché non volevo ricominciare a vivere queste cose. Poi è successo il caso Moro… e questa è la nostra vita. Poi, voglio dire una cosa importante: nel ’74, dopo il famoso viaggio in America, mio padre aveva deciso finalmente di lasciare la politica. Poi è nato Luca, a Settembre del ’75, e davanti alla nursery, parlando con la mamma, mio padre le ha detto: “Non posso andarmene, perché mi ammazzeranno sicuramente, ma devo ritardare la catastrofe che pende sul nostro Paese per questi bambini”».
In chiusura, segnaliamo che il film si avvale delle splendide interpretazioni di Donald Sutherland, Giancarlo Giannini, Stefania Rocca e Murray Abraham, un poker d’assi qualitativo che esalta una pellicola già di pregevole fattura stilistica.