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L’addio a Papa Francesco: tra lacrime, conclave e la solita voglia di marketing

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Non si era mai visto un Papa così. Non uno che ti dava l’impressione, per davvero, di essere più uomo che istituzione. Non uno che, mentre ti benediceva da un balcone, sembrava pensare: “Fate un po’ come vi pare, ma almeno provateci ad essere persone decenti”.

Papa Francesco se n’è andato, e no, non è una di quelle notizie che scorri su Twitter come un’altra breaking news. È di quelle che ti fanno chiudere la pagina per un minuto, ché se sei stato un po’ vivo negli ultimi dieci anni, questo Papa te lo sei sentito addosso. Anche se non eri credente. Soprattutto se non eri credente.

Oggi la Basilica di San Pietro è diventata una specie di gigantesco set: cardinali, politici, vip più o meno praticanti che sgomitano per un posto in prima fila. I commentatori che si strappano la voce per raccontare che “il mondo piange”. E in tutto questo, il corpo di Francesco è lì, piccolo e testardo fino all’ultimo. Lui che voleva una Chiesa povera, ora è circondato da ricami d’oro e paludamenti da Mille e una notte.

È l’eterno paradosso: muore l’uomo semplice, sopravvive il baraccone.

E adesso? Adesso arriva il Conclave. Altro giro, altra corsa.

Dentro la Cappella Sistina, fra pochi giorni, decine di cardinali inizieranno a litigare con discrezione e col sorriso sulle labbra su chi deve essere il prossimo a infilarsi la tonaca bianca. In teoria guidati dallo Spirito Santo. In pratica guidati da fazioni, diplomazie, gelosie, strategie geopolitiche degne di un G7.

I progressisti puntano a non far evaporare l’eredità di Francesco. I conservatori sognano un ritorno alle origini: niente più aperture ai divorziati, meno “misericordia”, più scomuniche come una volta. Tutti, però, sanno che il Papa che verrà dovrà barcamenarsi tra TikTok e i pellegrinaggi a Lourdes, in un mondo dove lo Spirito ha meno follower di Chiara Ferragni.

Ecco i principali candidati al soglio pontificio:

Scommesse? Pochissime. Per ora si sa solo che il conclave sarà più breve che lungo, perché si sono già mossi i poteri forti e l’aria a Roma è quella di chi ha fretta di rimettere il business in carreggiata. Il turismo religioso non aspetta.

Nel frattempo, fuori, il popolo di Francesco piange davvero. E non è la solita coreografia del lutto, quella che si improvvisa per ogni famoso che muore. No, qui la gente piange perché con lui se ne va un’idea di Chiesa che per un attimo sembrava quasi normale. Quella dove Dio era meno giudice e più complice. Dove il Papa non ti guardava dall’alto, ma ti parlava come un nonno che sapeva di latte, biscotti e cadute sulla bicicletta.

Chissà se quello che arriverà avrà il coraggio di non tradirlo.
Chissà se riuscirà a farci credere ancora che in mezzo a tanto rumore, a tanta politica, a tanta vetrina, un po’ di Vangelo ci sia ancora.

O se finirà anche lui, come spesso accade, in quel grande cimitero di buone intenzioni che è la storia della Chiesa.

Intanto, fuori dalla Basilica, qualcuno sussurra una preghiera.
Semplice, come piaceva a lui.

Ciao Francesco. Speriamo che lassù ti diano meno rogne che qua.

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