FARE ARTAUD (Il Teatro della Crudeltà in Italia)

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Cosa significa “fare Artaud”? A cosa associamo un aggettivo come “artaudiano”?

A queste e altre domande risponde il monumentale e imperdibile libro di Fabio Acca intitolato proprio “Fare Artaud” (Il Teatro della Crudeltà in Italia), edito da “Editoria & Spettacolo” (www.editoriaespettacolo.com), da tempo garanzia di qualità e originalità in fatto di testi teatrali.

Il volume esamina in modo esaustivo il movimento “artaudiano” sviluppatosi in Italia nell’arco temporale che va dal 1935 al 1970 con una coda dedicata ad un bellissimo dossier di approfondimento su “I Cenci”, opera di Antonin Artaud che tanto successo (e adattamenti) ha avuto nel nostro paese.

Le interviste/conversazioni con Giovanni Girosi e Franco Molè, a proposito de “I Cenci”, aggiungono ulteriore interesse e dinamismo al libro che si chiude con una serie di “immagini della crudeltà”, tratte dalle messe in scena di quell’opera indimenticabile, ma anche da “Coram Populo”, “Il Principe Costante” e “Marat/Sade”.
Proprio quest’ultima opera che univa, al genio di Artaud, la strepitosa creatività di Peter Weiss e Peter Brook è parte integrante del blocco centrale del libro in una ampia, e mai così completa prima d’ora, sezione dedicata all’esaltante esperienza del “Living Theatre” in Italia, tanto che la stessa copertina del libro vede proprio una iconica foto tratta dalla performance “Paradise Now” che il gruppo teatrale di Julian Beck e Judith Malina, portò con successo a Napoli nel 1969.

Artaud ha quindi fatto da apripista a un pensiero nuovo sulla recitazione, sulla messa in scena, sulle azioni teatrali; Così il “Teatro della Crudeltà”, diventa quindi una performance che utilizza ogni risorsa del corpo per ottenere l’adesione emotiva del pubblico. Un teatro totale, ancestrale basato sui simboli, sui gesti non simulati e non più fortificato sulle parole.

In definitiva, il volume di Acca è il “non plus ultra” per comprendere in pieno il mondo di Artaud e del suo Teatro “altro”. Un testo che può essere anche utile strumento didattico per i Laboratori di Recitazione o meglio per quegli insegnanti che hanno voglia di “rischiare” e portare i propri allievi su territori ormai poco battuti, se non dimenticati, schiacciati ormai da tanto, troppo, politicamente (o forse dovrei dire “teatralmente”) corretto…

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