A lezione da Rembrandt, incisore e collezionista
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Roma, alle Scuderie papali del Quirinale una mostra con oltre duecento incisioni raccolte o eseguite dall’artista. Appena undici gli olii del grande olandese, ma la rassegna ha un grande valore didattico.
La mostra che si apre oggi alle Scuderie papali del Quirinale su Rembrandt non è una faccenda semplice. Non è insomma una di quelle mostre dove, abbagliati da colori o da forme avanguardistiche, si passa da un’opera all’altra alimentando un’emozione dietro l’altra.
No, questa rassegna su Rembrandt è più simile a un seminario che a una mostra d’arte. Perché richiede tempo, dedizione, passione. E soprattutto curiosità per la tecnica dell’incisione. Non a caso il severo ma intelligente allestimento curato dallo Studio milanese De Lucchi prevede una balaustra ove appoggiarsi comodamente e scrutare, osservare, studiare ogni minimo dettaglio, confrontare le differenti tirature, muniti ovviamente di una lente (fino al 6 gennaio, a cura di Ger Luijten e Bozena Anna Kowalczyk, catalogo Skira).
Di tavole ad olio ve ne sono ben poche, appena undici e non tutte neanche dello stesso livello. Il piatto forte è costituito da duecento acqueforti, distribuite in un percorso che esplicita la formazione di Rembrandt in questo campo. Formazione assolutamente originale sebbene impeccabile: era infatti autodidatta ed apprende la tecnica dell’incisione quando ancora si trova nella natia Leida.
Fin da subito mostra un atteggiamento che lo contraddistinguerà per tutta la vita e lo porterà al tracollo economico. Rembrandt è un vorace collezionista, passione per la quale si indebita fino al punto da veder messe all’asta oli, stampe e bizzarrissimi oggetti che fino a quel giorno del 1656 popolavano il suo gabinetto delle meraviglie messo pazientemente in piedi nella casa di Amsterdam, oggi museo Rembrandt.
E comincia subito a collezionare, animato dalla voglia di perfezionare la tecnica dell’incisione, ritenuta arte di prim’ordine e strumento indispensabile per la stessa conoscenza artistica. I risultati, come fa vedere la mostra, sono eccellenti.
Rembrandt diventa uno dei più grandi incisori dell’epoca.
La sua fama va oltre i confini dell’Olanda e raggiunge Venezia, dando ad esempio la possibilità al giovane Tiepolo di studiarlo al punto tale da rimanerne profondamente influenzato.
E dal nord a Messina, come attesta una lettera di Guercino indirizzata a un nobile siciliano in cui l’artista proclama la sua “stima per un gran virtuoso”.
Lui infatti è unico nel dare corpo alle ombre, nel disegnare sul chiaro-scuro più difficile, ottenendo quell’effetto vellutato che richiede però l’uso della delicatissima puntasecca. Ma Rembrandt, da bravo olandese, è anche un abile mercante, delle sue e altrui opere. Spesso realizza incisioni in cui compare lo stesso tema delle tele ad olio, espediente che gli serve ad accrescere la fama, e la quotazione, di queste.
E in entrambi mostra quella capacità affabulatoria, quella gestualità importante che però concilia con una cura assoluta del dettaglio. Rembrandt è anche un raffinatissimo conoscitore dell’anatomia umana: le sue stampe, che trattino scene bibliche e prese dalla vita di tutti i giorni, abbondano di corpi veri. Che siano l’amata moglie Saskia, ritratta grassoccia e non certo campione di bellezza, o la gente qualsiasi: molti vecchi, il primo modello è la madre in uno stupendo ritratto conservato al Rijksmuseum di Amsterdam, donne sfatte, uomini sgraziati.
Sono questi corpi, con cui non esita a raffigurare anche Adamo ed Eva cacciati dal paradiso, a fargli da modello per la folla della superba “Ronda di notte” (Rijksmuseum, Amsterdam) dove si mischiano anche i borghesi che lo pagavano fino a 400 fiorini per un ritratto, l’equivalente del reddito annuale di un artigiano. Un’ultima notazione.
Alle Scuderie compare solo uno degli oltre sessanta “Autoritratti” di Rembrandt, artista che, sebbene incline a una moda dell’epoca, ha superato chiunque altro in questa ossessione dell’autoritratto. Nella parte finale della mostra è messa poi in luce l’influenza esercitata sugli italiani: i Tiepolo, Giovanni Benedetto Castiglione, Pierfrancesco Mola.
Sezione curiosa, e un po’ strabica. Nulla si dice dell’influenza che alcuni grandi italiani ebbero su di lui, e di cui era riuscito ad acquistare alcuni tesori: stampe di Raffaello, di Tiziano e di Leonardo, disegni di Andrea Mantegna che, come attestano gli studi più recenti, molto gli avevano insegnato quanto a pose e composizione dei ritratti.