Nei dieci anni trascorsi dalla morte ha imparato a fare i conti con un destino solenne: essere la figlia di Carmelo Bene, il più geniale e grande degli artisti del teatro italiano, del quale il 16 marzo si ricorda la morte avvenuta nel 2002 quando aveva 64 anni.
Si chiama Salomè, come lo spettacolo del ‘ 64 e con la madre Raffaella Baracchi, moglie (tra molte tempeste) di Carmelo Bene, Salomè è l’erede del patrimonio dell’ artista (a suo tempo valutato in 3 milioni di euro) come stabilì una sentenza nel 2005 contro la Fondazione “L’ immemoriale”, che era citata in due testamenti dell’ attore.
Vent’ anni, lunghi capelli castani, una voce da bambina e l’ aria coscienziosa, studia e vive a Torino, non chiama mai Carmelo Bene “papà” e da giorni con la madre sta presenziando alle numerose celebrazioni per il decennale, libri e iniziative a cominciare dalla Puglia dov’ era nato e dove oggi, a Otranto, si inaugura la mostra curata dalla madre,ea Bari dove in anteprima, sempre oggi, il Film Festival di Felice Laudadio che dal 24 sarà dedicato a Carmelo Bene, presenta il film di Rai 5 (in onda il 17 alle 22.15 nel corso di una maratona sull’ opera di Bene) Divini Canti, Lectura Dantis. Salomè, è la prima volta che fa una uscita pubblica su suo padre. «Ho accettato di farlo perché il mio è un omaggio esclusivamente privato. Carmelo Bene risuonerà in un’ ottica diversa, attraverso uno sguardo affettuoso, famigliare». Lei aveva 10 anni quando Carmelo Bene è morto. Che rapporto avevate? «Particolare. Non saprei come altro definirlo. Non vivevamo insieme, e ci vedevamo sempre in modo riservato. Non aveva piacere a mostrarmi, a farmi vedere, né che le persone che in quegli anni lo circondavano mi vedessero. Si premurava che nessuno entrasse in contatto con me». Che ricorda di lui? «La voce, e lo so che sembra scontato. Forse perché fin da piccola mia mamma mi faceva sentire le registrazioni dei suoi spettacoli. E la sua voce per me è una cosa dolce».
Ci sono stati problemi sull’ eredità di Carmelo Bene. Ora com’ è la situazione? «Tutto fa capo alla “Nostra signora srl” di mia madre e mia. Siamo noi a gestire il patrimonio delle opere di Carmelo Bene e a vagliare le richieste». Le pesa questo cognome? «Non è facile, assolutamente. Io ho imparato a tenere separate la sua memoria e me stessa. Lui è stato grandissimo, ma io vivo la mia vita e mi riprendo la mia identità»