Se Dio ama la buona musica, Ray Charles, accompagnato da un coro di cherubini, adesso starà sicuramente cantando e suonando il pianoforte al cospetto di un Creatore probabilmente compiaciuto di aver contribuito a plasmare un tale fenomeno musicale. Per noi mortali, invece, purtroppo, “il genio del soul” ha lasciato le lande terrene lo scorso 10 giugno 2004, anche se la forza dirompente della sua musica, un miscela esplosiva di gospel e blues, resterà immortale per noi tutti come per le future generazioni.
Ma se il talento di questa autentica leggenda della musica americana è conclamato, grazie al successo planetario di splendidi brani come “I’ve Got a Woman”, “What’d I Say”, “Drown in My Own Tears”, “Unchain My Heart”, “Georgia on My Mind” e tanti altri, la storia di Ray Charles Robinson, nato ad Albany, in Georgia, il 23 settembre 1930, è probabilmente meno nota.
Una lacuna che il film di Taylor Hackford ha voluto tenacemente annullare, tramite una ricerca condotta dallo stesso regista e dall’attore Jamie Foxx per ben quindici anni!
Il risultato di questa prolungata escavazione biografica, spesso in stretta collaborazione proprio col grande Ray, è un film straordinario per intensità e onestà. Un ritratto senza veli, alle volte anche spietato, su “the genius” e le sue grandezze, ma anche sulle sue contraddizioni e debolezze. Quindi vero fino all’osso. E capace di farci commuovere e gioire, in specie riascoltando dei brani che sin dalle prime battute mandano in paradiso, con la smania irrefrenabile di battere il tempo e applaudire a scena aperta come se Ray fosse lì.
Una Ray Charles che sin da bambino vede dispiegata la propria esistenza su strade di indicibile dolore. Dapprima per la vicenda dell’orribile annegamento del piccolo fratello George, di cui Ray fu testimone e che lo tormenterà per tutta la vita, e poi per il grave glaucoma che lo portò alla cecità a soli sette anni.
Circostanze che avrebbero spezzato la vita di chiunque, ma non quella del giovane Ray. Grazie soprattutto alla madre, Aretha Robinson, che gli insegnò, con dolcezza ma profonda determinazione, a cavarsela da solo anche nelle situazioni più difficili.
Fu così che il giovane Ray, nel ’48, nonostante la cecità, lasciò il sud con destinazione Seattle per cercare un approdo al suo estro musicale già marcato da una solida preparazione pianistica. E pur tra raggiri, sfruttamenti e persone con la moralità sotto i tacchi, per Ray Charles arriveranno i primi successi dovuti esclusivamente al suo incredibile talento.
Il film di Taylor Hackford, intitolato semplicemente “RAY”, titolo azzeccato, come se si trattasse di un caro, vecchio amico di tutti, racconta tutto questo e moltissimo altro sulla biografia del nostro, affidando l’interpretazione di Ray Charles ad un eccezionale Jamie Foxx, che si muove, canta (in playback, su brani sempre originali) con straordinaria affinità rispetto al personaggio di cui veste i panni. Spesso, anzi, dando la sensazione di essere l’autentico Ray Charles e non il suo alter ego filmico. Questa impeccabile e generosissima interpretazione credo porterà, di diritto, Jamie Foxx ad una nomination di primo piano per l’assegnazione di un Oscar come attore protagonista. Sarebbe un giusto e doveroso riconoscimento non solo all’attore, ma anche, emblematicamente, ad un grandissimo innovatore del panorama musicale mondiale di nome Ray.