Ultimo Samurai, la conferenza stampa a Roma
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Scritto da Luca Cirillo in esclusiva per “Palcoscenico”
Grazie per la collaborazione a Raffaella Ponzo
Foto conferenza stampa di Luca Cirillo
Foto di scena concesse da Warner Italia (grazie a Maria Scoglio e Chicca Ungaro)
Che Tom Cruise da tempo entrato nell’Olimpo delle Star del cinema mondiale lo si sapeva già da anni, e le sue recenti partecipazioni a film come “Magnolia”, “Eyes Wide Shut” e “Minority Report”, lo avevano definitivamente consacrato come attore espressivo e versatile, lasciando di sasso i suoi tanti detrattori, che lo vedevano sempre come un grazioso “Big Jim” adatto a film per teen-ager, nonostante già nella sua “prima Era”, alternò film come “Top Gun” e “Cocktail” a capolavori come “Nato il 4 Luglio” e “Rain Man” (solo per citarne due, ma l’elenco sarebbe molto più vasto..).
“L’Ultimo Samurai” è l’ennesima, riuscitissima sfida del buon Cruise, che si cala magistralmente nel ruolo di un veterano della guerra civile, Nathan Algren, ancora profondamente segnato dalle atrocità con cui gli americani posero fine alla “questione indiana”.
Ingaggiato dall’Imperatore del Giappone al fine di addestrare le sue inadeguate truppe militari, Algren si rende conto da subito, che i Samurai che dovrà eliminare senza adeguate motivazioni, ricordano per molti versi proprio gli indiani che anche lui uccise (e a ricordarglielo ossessivamente ci penseranno gli incubi, resi mirabilmente con la tecnica del flashback).
Proprio durante il primo scontro tra militari e samurai, il valoroso capitano Algren finirà rapito da questi ultimi, ma la prigionia e il successivo, inaspettato inserimento nella vita dei samurai, si rivelerà con il tempo, un viaggio all’interno della sua coscienza sempre più legata a quel prezioso e rigoroso codice morale chiamato “Bushido”.
A questo punto del film si ridisegnano le traiettorie umane… chi sono i “buoni” e chi i “cattivi”?
Non senza numerosi colpi di scena, il film (che sicuramente farà incetta di premi nel 2004) presenta numerose e spettacolari scene di massa che riecheggiano i film western degli anni ’60, nonché le pellicole più note di Kurosawa come “I sette samurai”.-
L’abilità fisica di Mr “Mission Impossible” Cruise, è senza dubbio notevole, e anche in conferenza stampa non ha mancato di mostrarci l’elasticità di cui ancora oggi è dotato, guadagnata proprio grazie ai durissimi allenamenti svolti nell’arco delle riprese.
Alla conferenza (tenutasi all’Hotel Hassler di “Trinità dei Monti” a Roma) erano presenti oltre a Cruise anche il “samurai” Hiroyuki Sanada e il regista Edward Zwick…oltre noi di “Palcoscenico” ovviamente…
La star è senza dubbio Tom Cruise, sorridente e gentile, pronto a rispondere a tutte le domande e persino a scherzare sugli spiacevoli “problemi tecnici” (come gli snervanti trilli telefonici dei colleghi della stampa oltre che un “animato” diverbio tra alcuni giornalisti per avere priorità di “parola”!), tipici ahimè del nostro (terribile) costume…certamente privo di “Bushido”! Cruise ci tiene a sottolineare lo sforzo produttivo per la realizzazione del film e la meraviglia di un’accoglienza trionfale proprio in Giappone, per un film che parla dei loro costumi, ma che è stato diretto e prodotto da occidentali. L’esperienza e il “viaggio” del suo personaggio ha segnato profondamente l’animo di Cruise, che si sofferma più volte su come anche lui sia cambiato e migliorato grazie a questa interpretazione. Ed è proprio il fascino dell’Oriente, della sua storia così magica eppure martoriata, ad incantare maggiormente della pellicola, grazie anche ad una serie di interpretazioni magistrali da parte di attori come Hiroyuki Sanada, volto poco noto in Occidente, ma star in Giappone (è presente nella saga “Ring”) e Cina e Ken Watanabe, nome già legato ad una serie sui Samurai intitolata “Dokuganryu Masamune”, che nel film di Zwick ha il difficile ruolo di Katsumoto, capo dei Samurai, e antagonista di Algren-Cruise, col quale in seguito stringerà un’inaspettato legame. Da non dimenticare un altro elemento riuscito del film, ovvero le musiche, affidate al genio di Hans Zimmer, pluridecorato compositore di soundtracks memorabili (“Il Re Leone”, “Rain Man”, “Qualcosa è cambiato”, “La sottile linea rossa” ecc.) e qui probabilmente alla sua più azzeccata produzione, resa ancor più magica da un uso di strumenti classici giapponesi come il Taiko (tamburo) miscelati a suoni sintetici ed elettronici di cui Zimmer è stato ed è ancora uno dei principali sperimentatori…quanti se lo ricordano come autore di pop-songs come “Video Kill the radio Star” con i Buggles e “Many Kisses” con gli italiani Krisma??
SCHEDA:
E’ stato presentato a Roma l’ultimo film di Tom Cruise che si intitola proprio “L’Ultimo Samurai”. Noi di Palcoscenico eravamo naturalmente presenti, ed ecco il favoloso reportage fotografico firmato Luca Cirillo.
«Tu pensi che un uomo possa cambiare il suo destino? – Io penso che un uomo fa ciò che può finché il suo destino non si rivela»
L’ultimo samurai (The Last Samurai) è un film del 2003 diretto da Edward Zwick, ambientato in Giappone durante la Ribellione di Satsuma.
TRAMA:
Nel 1876, un capitano americano, Nathan Algren, viene incaricato per conto dell’Impero Giapponese di addestrare l’esercito dell’imperatore Meiji allo scopo di eliminare i samurai ribelli presenti nel territorio.
Algren, veterano del 7º Reggimento di cavalleria è alcolizzato e lavora pubblicizzando i fucili della Winchester. La missione affidatagli è per lui solo un modo per far soldi e fuggire da un ricordo terribile e opprimente. Arrivato in Giappone scopre un mondo in piena conflittualità tra la frenetica corsa alla modernità tecnologica e commerciale voluta dal nuovo e giovane imperatore e la cultura millenaria di un popolo dedito alla filosofia e alla guerra ideologica dei samurai.
I generali giapponesi vogliono affrettare la fine della guerra e inviano subito le truppe per intercettare i samurai, anche se Algren cerca invano di convincerli che le truppe non sono pronte. Questa decisione si rivela troppo affrettata, e l’esercito, composto soprattutto da contadini, viene sconfitto dai ribelli (i quali invece vivono immersi in una filosofia che fa della guerra una vera e propria arte e ragion d’essere). Con la fuga disordinata dei suoi sottoposti, Algren rimane da solo; ferito e circondato, non si arrende neanche ai samurai che, scesi da cavallo per finirlo, rilassano la propria attenzione. Agli occhi del comandante avversario, Katsumoto, la testardaggine del proprio nemico vale a redimerlo dalla “colpa” di aver perso ed è simbolo di personalità e senso dell’onore, il tutto unito alla lancia utilizzata avente lo stendardo della tigre bianca, del quale Katsumoto coglie il messaggio; per questo motivo dà ordine di risparmiarlo e portarlo al proprio villaggio.
Qui Algren impara a conoscere la cultura giapponese tradizionale (che non aveva avuto modo né voglia di approfondire a Yokohama, dove aveva addestrato il nuovo esercito), scoprendo che, ad esempio, i ribelli combattono per l’Imperatore, senza alcuna velleità secessionista; suo mentore è lo stesso Katsumoto che, seppur contrario all’occidentalizzazione non disprezza affatto la cultura esterna, ma ne è, al contrario, molto incuriosito. Il capitano decide di schierarsi al fianco dei ribelli e, col tempo, incomincia a essere trattato da pari dai samurai che aveva in precedenza combattuto. Uno dei primissimi abitanti del villaggio con cui instaura un rapporto personale è Taka, sorella di Katsumoto e vedova di Hirotaro (il quale era stato ucciso dallo stesso Algren in battaglia), di cui finisce per innamorarsi.
I samurai combattono per le tradizioni e per l’Imperatore a cui sono fedeli fino alla morte e contro gli ideali occidentali del commercio e della tecnologia, voluta da politici e generali opportunisti. Il capo dei ribelli samurai, Katsumoto, si incontra con l’Imperatore Meiji ma questi è troppo debole per opporsi al volere del Primo Ministro Omura e ai politici. Katsumoto viene arrestato e come da tradizione gli spetta il suicidio rituale. Ma Algren e i samurai lo liberano e lo convincono a morire, non per suicidio, ma riguadagnando l’onore combattendo. Tutti sono consapevoli che le spade dei samurai sono ben poca cosa al confronto con le mitragliatrici e i fucili dell’esercito e nella battaglia finale, nonostante i ripetuti colpi di fucile e di mitragliatrice, i Samurai resistono con onore vendendo cara la pelle, non dichiarandosi sconfitti nemmeno dopo pallottole su pallottole piantate nei loro corpi; alla fine Katsumoto supplica Algren di dargli il colpo di grazia, e Algren esegue. L’ultima parola che il ribelle Samurai rivolge all’eroe americano è: “perfetti, sono tutti perfetti”, alludendo ai fiori di ciliegio oggetto di una precedente conversazione, e muore tra le braccia del capitano americano. I soldati dell’esercito regolare giapponese, assistito al supremo sacrificio del leader ribelle, riscoprono le loro tradizioni e i loro valori e si inchinano commossi davanti al cadavere di Katsumoto. Algren, graziato, viene riportato vivo davanti all’Imperatore.
Algren, miracolosamente sopravvissuto alla sanguinosissima battaglia, dopo qualche tempo ottiene udienza di fronte all’imperatore Meiji a cui consegna la spada del defunto Katsumoto; l’imperatore commosso decide di vietare il commercio d’armi con gli occidentali con disappunto dei generali; nell’ultima scena del film Algren torna al villaggio di Katsumoto per riunirsi con Taka.