Intervista di Luca Cirillo in esclusiva per Palcoscenico
Ciao Stefano e benvenuto su “Palcoscenico”. Il tuo curriculum è davvero vastissimo e sarà un piacere scorrere insieme a te le pagine di una carriera così entusiasmante! Iniziamo però dal presente e poi faremo un passo indietro: sei tra gli interpreti di “Sospetti 2” in questi giorni su Rai 1. Cosa puoi raccontarci circa questa recente esperienza?
Di questa esperienza ricordo soprattutto il clima veramente da “spogliatoio” che si è creato tra tutti noi del set. Mi spiego: sembrava di essere una squadra di calcio, in senso buono ovviamente. Nessuna distinzione tra chi stava davanti o dietro la macchina da presa, tutti convinti che solo con un forte spirito di gruppo si potesse affrontare una sfida come quella di girare SEI FILM ( ogni puntata ha la durata di un’ora e mezza ) in cinque mesi. I risultati parlano a favore del nostro “schema di gioco”, tanto per restare nella metafora calcistica. Che questa non sia la solita retorica buonista da set è testimoniato dal fatto ( raro, credetemi ) che siano nate e crescano tuttora delle belle amicizie tra tecnici ed attori. Insomma mi vedo spesso e con grande piacere con molti dei “sospettosi”, eredità che altri set non avevano lasciato.
Torniamo alle origini…il tuo esordio cinematografico è avvenuto grazie a Lamberto Bava e “Demoni 2”. Cosa ricordi del tuo primo ruolo e quale è il tuo giudizio circa quel film e il genere horror?
Lacrime e sangue. Lacrime per le lenti a contatto mischiate alle polveri più diverse e nefande, sangue ovunque. Finto ovviamente. E dal sangue finto deriva il mio amore viscerale, in senso letterale, per il genere horror e tutte le sue sottospecie. Cosa c’è di più liberatorio che spaventarsi a morte, di rabbrividire fin nella più piccola cellula del tuo corpo e poi dopo dirsi: “ vabbè tanto è tutto finto!”. Oddio certe volte mi c’è voluto del tempo per dirmelo, come la prima volta che ho visto NIGHTMARE o, più di recente, IL SESTO SENSO. Quest’ultimo magari non è proprio horror in senso stretto ma devi pensare che mi è capitato di vederlo DA SOLO, nella sala privata della casa di distribuzione, schermo enorme, amplificazione “chetelodicoaffà”, insomma non ho fatto altro che rabbrividire; il che per quel film non è buon segno. Alla fine ero veramente convinto di essere circondato da trapassati un pò incazzati. Cose che capitano!
Anche il secondo film è un horror made in Italy, ovvero “Evil Clucth”; In entrambi i film recitavi con Coralina Cataldi Tassoni, che è una mia amica e un’amica di “Palcoscenico”…cosa puoi dirci di lei e di questo film considerato un “cult” dai patiti di “spaghetti-horror”?
Che carina e che resistenza!! Ti ho detto che a me tra lenti, polveri e fumi gli occhi lacrimavano e, ammettiamolo, talvolta cedevo al lamento. Lei, Coralina, niente: una roccia. E meno male che sono io ad aver fatto il militare!!! A proposito di militare ma lo sai che l’ultimo giorno sul set di Demoni 2 è coinciso con il mio primo giorno nelle fila dell’esercito?! Che storia, alle due di notte finisco di girare, pulizia sommaria, corsa a casa, saluto alla fidanzata (ce ne sono state altre dopo), prendo la macchina e all’alba sono a Chieti, battaglione CAR. Brutta alba. Bruttissima la mia faccia; alla visita medica avevo ancora pezzi di pelli demoniaca che mi si staccavano di dosso! Di “Evil clutch” ricordo le notti ed il freddo oltre quello che ti ho detto. Il film, pensa, non sono mai riuscito a vederlo. Mannaggia, che ne hai una copia?
Ancora Bava jr. e ancora un horror, un remake del capolavoro di Mario Bava ovvero “La maschera del demonio”. Come mai il film non ebbe distribuzione adeguata?
Misteri del cinema made in italy, soprattutto di genere, troppo spesso apprezzato all’estero e negletto in Italia. E’ utile ricordare qual’è stata la formazione di un Tarantino, per citarne uno. Tanto, tanto cinema italiano da noi definito di serie B o C, per essere buoni.
In quel film recitavano tante future “star” allora agli esordi…da Debora Caprioglio al regista Michele Soavi…hai qualche aneddoto da raccontarci in esclusiva?
Con Michele è nata una simpatica amicizia che si è materializzata in ambito sportivo. Mi spiego. Abbiamo cominciato giocando, con qualche rischio, a baseball nel cortile degli studios di Via Tiburtina nelle pause tra un’inquadratura e l’altra. Poi abbiamo proseguito con furiose partite a tennis che potevano durare anche tre ore. Dopo la fine delle riprese, naturalmente. Come regista non mi si è mai filato ma finché c’è vita… Con Debora non ho avuto granché rapporti, forse bloccato dalla sua opulenza femminile. Vabbè sono un ragazzetto timido.
Un’altra importante collaborazione è quella con il regista Maurizio Ponzi; cosa ricordi dei lavori fatti insieme?
Maurizio; che bravo, che simpatico, che tenerezza mi ispira. Ecco, quest’ultimo sentimento non saprei spiegarlo, potrebbe esserci qualcosa di psicanalitico, boh? Forse però è dovuto al fatto che riesce a parlarti di cose belle e un pò fuori moda come per esempio i tram. Lo sapete che è uno dei massimi esperti di tram in Italia. Viene addirittura chiamato come consulente dalle aziende che gestiscono questo servizio, laddove esiste. Mi ricordo che una volta che mi trovavo a Trieste per lavoro (con Fragasso) lo chiamai per salutarlo e lui mi parlò per un quarto d’ora dei tram di quella città. Una linea credo sia la più antica d’Italia ma lui sarebbe sicuramente più preciso. Se ci fate caso in ogni suo lavoro c’è sempre un tram od un treno, altro suo grande amore; è la sua firma!
Difficilmente un attore riesce a mantenere negli anni, sodalizi così duraturi: quale è il segreto per cui resti un attore “feticcio” per molti registi?
Forse ho un’aspetto non comune. Una faccia come la mia non si trova spessissimo in giro, grazie al cielo! A parte gli scherzi, credo che se si sopravvive ai primi quindici minuti della mia conoscenza alla fine risulto anche simpatico. E poi ho un pregio, l’unico che mi piace riconoscermi da solo: sono un entusiasta. Questo credo possa essere un elemento importante in un rapporto che dura nel tempo.
Immagino che ci sia più di un attore che ti ha dato l’input per iniziare questa meravigliosa professione…quali sono stati i tuoi ispiratori e quali, tra quelli con cui hai lavorato, ti ha “lasciato” qualcosa in più?
Ho avuto l’onore di iniziare la mia carriera nella compagnia del “MAESTRO”: Vittorio Gassman. 1983-84 tournee del “Macbeth”. Oso pensare che da quel grandissimo “incontro ravvicinato” ho imparato l’enorme importanza del coraggio, del rischio e dell’energia per un attore che voglia fare bene il suo mestiere. E per migliorare tenere aperti la mente ed il cuore per crescere ogni giorno; come uomo e, di conseguenza, anche come attore.
Un film bellissimo al quale hai partecipato è “L’odore della notte” del grande (e incompreso) Caligari. Ricordaci il tuo ruolo, e parlaci del rapporto con questo regista…
In quel film, lo devo ammettere, avevo un ruolo piccolissimo. Ho accettato perché a suo tempo ero rimasto molto colpito da “amore tossico” e volevo conoscere il grande (e incompreso) Caligari, regista straordinario frenato, forse, dalla sua timidezza. E’ un mondo difficile: non basta essere bravi, è quasi più importante vendersi bene.
Operazione Odissea” era un action movie di ottima fattura, realizzato da Claudio Fragasso, specialista del genere e col quale avevi girato già “Teste Rasate”. Come ti sei trovato a girare un film così “corale”, e quale genere cinematografico prediligi?
Che tipo Claudio (Fragasso). Al provino per “teste rasate” ci siamo presi letteralmente a botte. Lui voleva vedere come reagivo e mentre gli parlavo delle cose che avevo fatto mi ha sbattuto contro il muro urlando: “ non me ne frega un cazzo di quello che dici!”. Io ho fatto, “ah, si? “ e alla prima occasione utile ( una battuta che lo consentiva ) gli ho mollato uno schiaffo violentissimo. Il ruolo del luogotenente skinhead è stato subito mio. Mi piace girare con lui. E poi fa dei film in cui l’attore si libera, come dire, del “lato oscuro della forza”. Fare film in cui è incluso l’ingrediente violenza, bisogna ammetterlo, ha una funzione terapeutica. Fa da valvola all’aggressività e nella vita reale ci si comporta poi meglio. Amo, sia come spettatore che come interprete, film che provochino forti flussi di emozioni. Il genere poi importa poco. Sci-fi, horror, noir, guerra, commedie, chi se ne importa: basta che mi emozioni!
Capitolo “fiction”… hai lavorato nei più importanti serial italiani da “Un posto al sole” a “La squadra”, fino ai film-tv “L’impero”, “Una donna per amico” e il già citato “Sospetti”… cosa pensi della grossa affermazione di fiction in Italia?
Nella fiction ben fatta ci si riconosce, si riconosce l’Italia. E’ un bene che ci sia, che cresca, si evolva ed abbia successo. Speriamo continui, dovrebbe continuare dato il successo. A volte però ci sono cose che sfuggono alla logica. Mah…
Cinema e Televisione… differenze, pregi e difetti…
E’ tutta una questione di quanto tempo si ha a disposizione. La televisione si fa più in fretta e si corre il rischio di essere superficiali. A meno che non ci sia un regista come Gianni Lepre ( Sospetti 2 ). Anche in velocità ha fatto un gran lavoro con noi attori dimostrando di amare la “specie”. Non è così comune, l’amore voglio dire. Ricordi Hitchcock: “Gli attori sono bestiame”?
Chiudiamo il capitolo “piccolo e grande schermo” anticipandoci qualcosa circa la tua partecipazione in “Rivoglio i miei figli” con Luca Barbareschi e Sabrina Ferilli…
Sono l’avv. Corti. Il mio cliente è Luca Barbareschi. Non dobbiamo fare altro che ottenere l’affidamento dei due figli che Luca ( Barbareschi ) ha avuto con Sabrina ( Ferilli ) sua ex moglie. Non ci fermeremo di fronte a niente ed a nessuno ma…
Passiamo al teatro…”Macbeth” con la regia di Vittorio Gassman…mica male come inizio, no?
Beh, a questa ti ho già risposto. Comunque aggiungo che ricordo che ricordo “il maestro” con profondo affetto.
Quali tra le altre esperienze teatrali ricordi con maggiore soddisfazione?
Sicuramente “Talk Radio” il testo teatrale di Eric Bogosian da cui fu tratto l’omonimo film di Oliver Stone interpretato dallo stesso Bogosian. Era la prima volta che veniva rappresentata in Italia e grazie a Millo Lerici, regista e traduttore, ho potuto in un colpo solo riunire in scena le mie grandi passioni. Cinema, teatro e radio. Che figata! W Barry Champlain ( il conduttore del talk show )!
Da anni sei affermato anche nel mondo radiofonico grazie al lavoro per la “gloriosa” Radio Radio..come sei diventato “speaker”?
Per caso. E’ così che funziona la vita. Ma anche grazie all’amicizia di Francesco Vergovich, da vent’anni conduttore di prim’ordine nella radiofonia italiana, ed ora direttore artistico di RadioRadio. A proposito ci teniamo ad essere definiti conduttori. Lo speaker legge testi scritti da altri. Noi conduttori di Talk show siamo invece autori del nostro programma.
I tuoi programmi radiofonici hanno sempre affrontato con garbata ironia, i problemi di tutti i giorni, arrivando a diventare dei veri “cult”, come ad esempio “Lavori in corso” e l’exploit dell’On. Palmisano…
Volevo fare un programma che facesse ridere partendo però dalla realtà. Con Mariano D’Angelo ( partner teatrale di Enzo Salvi ed autore, tra gli altri, di Teo Mamucari ) abbiamo inventato parecchi personaggi, il più riuscito dei quali è stato proprio l’on. Palmisano. Prototipo del politico disposto a tutto per un voto non ha mai trovato qualcuno che gli negasse I piaceri più assurdi. Era finto ma gli interlocutori, veri, non lo sapevano ed in diretta siamo riusciti a sistemare la nonna sanissima e finta di un parente di Palmisano in un noto ospedale romano. Una specie di “parcheggio ferragostano” accordatoci dall’ignaro primario che ha avuto anche un certo rilievo sulla stampa.
Domanda da un milione di euro…Quali pensi siano i problemi più concreti sui quali i nostri politici dovrebbero intervenire?
Lavoro, salute, giustizia giusta e veloce. E dimenticare un pò se stessi per aiutare soprattutto chi è più debole ed indifeso.
Bene Stefano, chiudiamo questa lunga chiacchierata con la consueta domanda…progetti per il futuro?
Oltre al già citato “rivoglio i miei figli” di cui stiamo terminando le riprese, due progetti teatrali tratti da opere che hanno generato dei film che ho amato molto: “Via da Las Vegas” di Mike Figgis e “Quills” di Phil Kaufman. Beh, la versione teatrale di quest’ultimo è molto più interessante; ed è proprio al lavoro originale di Doug Wright che Millo Lerici ed io abbiamo fatto riferimento per la traduzione e l’adattamento del testo. Ci vediamo in teatro!
Dimenticavo… questa intervista la stiamo svolgendo via email…quale è il tuo rapporto con la comunicazione “telematica”?
Internet è una figata di cui non posso fare a meno.
E ora manda un saluto telematico a tutti i lettori di “Palcoscenico” collegati in questo istante con noi…
Ciao, si sta bene qui! Ditelo a chi vi è simpatico. Agli spaccaballe, no!!!