carmelo bene e raffaella baracchi

Luisa Viglietti, Carmelo Bene ha lottato fino all’ultimo secondo

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Carmelo Bene non avrà un funerale pubblico ma solo una cerimonia strettamente privata. L’ attore, morto sabato sera a 64 anni, verrà cremato, nel rispetto delle sue ultime volontà.

L’ urna con le ceneri sarà poi portata a Santa Cesarea, in Puglia, e custodita all’ interno della tomba della famiglia. Per porgere l’ ultimo saluto all’ artista, al teatro Argentina di Roma verrà proiettato, a partire dalle ore 17, il suo ultimo lavoro consacrato all’ Otello shakespeariano. Un vero e proprio evento per la città, voluto dal sindaco Walter Veltroni e dall’ assessore alla cultura Gianni Borgna. Il filmato inedito Otello (da Shakespeare) secondo Carmelo Bene, che sarà proiettato a ciclo continuo, ogni ora, è stato registrato a Torino nel ’79 e montato, ad oltre 20 anni di distanza dalle riprese televisive, da Rai Educational (diretta da Renato Parascandolo) sotto la costante supervisione del maestro. Il film verrà successivamente trasmesso su RaiTre, domani alle 24, e sul canale satellitare di Rai Edu Cultura, tutti i giorni, da oggi a venerdì alle 21. Carmelo Bene sarà ricordato anche da Radio 3, che domani alle 20.30 proporrà Salome, in una versione restaurata.

Salomè Bene

Anche Milano ricorderà l’ artista: da mercoledì, a cura della Cineteca Italiana, verrà proiettata l’ integrale dei suoi film restaurati, al cinema Oberdan. ROMA – «Il Carmelo Bene artista e il Carmelo Bene uomo erano la stessa cosa, sempre.

Mai inerte, mai scioperato, mai quotidiano. Neanche per un’ ora. Né si è mai dato per vinto: negli ultimi giorni mi chiese di prendergli il copione e certi suoi appunti sul Riccardo III, e si mise a dimostrarmi come da quel testo lui arrivava a Timone d’ Atene. Ha lasciato quintali di quaderni dove trascriveva i suoi pensieri, e a curarli e pubblicarli avrebbe dovuto essere Maurizio Grande, che invece è scomparso prima di lui. L’ isolamento di Carmelo è aumentato a partire dal difficile intervento operatorio di settembre, ma niente gli ha impedito di parlare e teorizzare sulla debilitazione del proprio corpo, una volta scherzando, una volta irritandosi. Aver condiviso questi mesi e queste ore con lui, con alle spalle otto anni di assoluta inseparabilità, è un’ esperienza che definire non comune è dire poco. Mi creda». Le crediamo. A parlarci, vincendo il comprensibile pudore di un coraggio messo sotto choc, è l’ unica testimone della vita più recente di Carmelo Bene, la dedita compagna Luisa Viglietti, 37 anni, di Napoli, costumista, e che ha vissuto accanto a Carmelo Bene fino al momento della sua scomparsa, sabato notte. «Tranne che per gli spettacoli, Carmelo non usciva mai di casa, né a Roma né a Otranto, e fece eccezione solo per andare a vedere i non molti quadri della mostra del Velázquez a Palazzo Rispoli. Trascorreva il tempo riflettendo. Anche se sostava, di notte, davanti alla televisione accesa, non sapeva dirti che programma c’ era, ma metteva a frutto tante idee e magari il giorno dopo “scombinava” tutto in se stesso. La sua presunta aggressività era solo un’ autodifesa nei riguardi di coloro che conosceva poco». E qui subentra il tema dell’ amicizia, legame umano e dello spirito che non poteva riguardarlo come una qualunque altra persona.

Salomè Bene

«Di amici ne aveva, ma erano piuttosto degli innamorati di cui lui stesso era a sua volta innamorato. Tra questi c’ erano Jean Paul Manganaro, Giancarlo Dotto, Piergiorgio Giacchè. Era possessivo, come noto. Da poco aveva preso a cuore un giovane stilista di Otranto, Ennio Capasa, e l’ aveva riempito di consigli. Quanto al nostro rapporto, quello procedeva anche per una passione smodata in comune: la lirica. Lui cantava. Se lo ricorda già nel Macbeth? A me raccomandava di non aprire bocca. “Sei spoggiata, mi rovini l’ orecchio” diceva ridendo. Però per tutto il resto mi dava fiducia. Io ero il braccio, lui la mente». E Luisa Viglietti è stata davvero l’ alter ego di Bene, ossia partner, segretaria, infermiera, cuoca.

«Gli piaceva molto, come cucinavo. Bastava non annunciargli un piatto napoletano. Dovevo pensare a tutto io, perché s’ era ritirato sempre più in casa. E la casa dell’ Aventino all’ inizio era un incubo che m’ avvolgeva; ma poi ho amato l’ appartamento nerorosso e anche l’ altro collegato, quello azzurro e di broccati gialli e rosa. Non c’ era un vero e proprio suo “pensatoio”, in tutto il pian terreno dei due appartamenti. Il solo luogo dove Carmelo s’ ispirava era il letto, dove passava il tempo steso sul gomito destro, tant’ è che lì gli era uscito fuori, da anni, una specie di callo». E un monstre di sapere come Carmelo Bene chissà quante letture incamerava~ «Negli ultimi mesi non scorreva più libri. Diceva che quello che gli era servito l’ aveva già letto». E tra i sodali dell’ artista scomparso interviene Piergiorgio Giacchè: «Va dato atto a Luisa d’ aver compiuto una performance in simbiosi. E Carmelo aveva già scritto la sua fine sotto forma di distruzione anatomica nel poema ‘l mal de’ fiori. Era il contesto di se stesso, tant’ è che non è possibile inquadrarlo in uno scenario storico e sociale. Anche la sua volontà di sparire e d’essere visitabile non attraverso una bara ma attraverso un’ opera, l’Otello che sarà proiettato da oggi al Teatro Argentina, è coerente. Lui non è un beniamino, e non voleva esserlo. Non era un comédien ma un acteur». E Giancarlo Dotto, anche lui di casa, vanta un ammaestramento: «Ha insegnato a me e a tutti come si muore in una tragedia pura. Ha avuto i presagi, e ha dato una lezione di stoicismo».

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