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ROGER FRATTER, il nuovo regista horror

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Ciao Roger, benvenuto su Palcoscenico. In pochi anni ti sei rivelato come “nuovo” regista di horror, forse l’unico capace di rinverdire i fasti dei grandi maestri come Lucio Fulci e Joe D’Amato. C’è secondo te la possibilità di imporsi nuovamente all’attenzione di un vasto pubblico con un genere troppo spesso bistrattato?

Così come in passato penso proprio di no (almeno in Italia). Fulci e D’Amato hanno poi realizzato capolavori negli anni d’oro del cinema italiano. Oggi è molto più difficile perché da una parte il pubblico è bombardato da immagini di ogni tipo e quindi meno “vergine” a certi tipi di emozione e dall’altra perché l’horror è sottovalutato da coloro che gestiscono i canali distributivi. Una volta poi i piccoli produttori indipendenti riuscivano ad arrivare al pubblico grazie agli indipendenti regionali che distribuivano i loro film nelle sale garantendone un certo profitto.

Domanda obbligatoria:quando è scoppiato l’amore per il genere horror e quali film ti hanno maggiormente influenzato?

Sono nato e cresciuto nei dintorni di Bergamo. Nella mia città le ville settecentesche, i castelli, la campagna e i casolari abbandonati si sprecano. Puoi immaginare in quali atmosfere affascinanti  a base di racconti e leggende di “fantasmi” sono cresciuto. Nel 1975 quando trasmisero per la prima volta lo sceneggiato Rai “Ritratto di donna velata” di Flaminio Bollini con Nino Castelnuovo e Daria Nicolodi rimasi letteralmente affascinato. Avevo solo 7 anni. Si può dire che la mia vera passione verso l’horror nacque proprio in quel preciso periodo della mia vita. Con “La morte ha sorriso all’assassino” di Aristide Massaccesi (Joe D’Amato ndr.) che scoprìì nel 1990 su una emittente privata venne invece l’input finale che mi spinse a produrre un amatoriale “Il freddo canto delle tenebre” del 1992 girato in una villa antica sui colli di Bergamo che fece molto discutere da queste parti per due presunte immagini di “spiriti” che la mia telecamera avrebbe colto in un inquadratura.

Meglio l’horror italiano o straniero?

Dipende dal genere, voglio dire che l’horror può essere classificato in diversi sottogeneri:l’horror gotico, l’horror splatter, l’horror fantastico ecc… Io amo soprattutto l’horror gotico e ritengo che i film italiani abbiamo una marcia in più rispetto ai modelli anglosassoni…meno soldi forse ma molto più coraggio e inventiva.

Le tue prime esperienze nei corti e mediometraggi non erano solo horror. E’ vero che realizzasti un film-omaggio al grande regista western Demofilo Fidani?

Sì, Demofilo Fidani faceva film seri con un velo di ironia ed infatti i sui prodotti si collocano perfettamente nella storia del western all’italiana che io chiamo della seconda generazione. La prima era quella che va dal 1964 al 1969 circa inaugurata con “Per un pugno di dollari” di S.Leone e che ha prodotto i migliori western spaghetti, per l’appunto quelli di Leone, Tessari, Sollima… La seconda è quella di Fidani e dei vari “Sartana”, “Sabata” ecc…, girati quasi sempre nei dintorni di Roma. La terza è quella dei western parodistici nati con “Trinità” e la quarta, che comprende solo una manciata di film, è quella dei “western crepuscolari”. Il mio cortometraggio era dedicato ovviamente al genere di Fidani ed infatti lo intitolai “Vieni fuori carogna…è arrivato Sartana!”. Vinse anche molti premi.

Parlaci della tua esperienza nel campo dei videoclip…

Ho realizzato moltissimi videoclip. Essendo soprattutto montatore quello era pane per i miei denti. Poi mi sono stancato e ho smesso anche se mi hanno dato parecchie soddisfazioni.

Nel’94 hai realizzato “Crystal” ispirandoti agli spy-movies anni ’60. Attualmente c’è un grosso recupero della “cultura” sixties…quale è il tuo punto di vista circa questo “filone”?

Stranamente amo i film di James Bond originali. Penso comunque che gli anni Sessanta siano stati un periodo meraviglioso per ogni forma d’arte, non solo per il cinema.

Arriviamo ora al tuo primo lungometraggio, “Sete da vampira”,un horror con forte carica erotica, che personalmente mi ha ricordato le atmosfere del maestro Jess Franco….

Trovo la figura della vampira estremamente affascinante. Con questo lungometraggio ho voluto rendere omaggio al cinema horror degli anni Settanta e allo stesso tempo esprimere il concetto di sofferenza dovuto ad uno stato d’essere totalmente ambiguo. La mia vampira è crudele, non esita ad uccidere (anche le persone che ama) pur di soddisfare la sete di sangue e placare la suo sofferenza (sia psichica ma soprattutto fisica). Nonostante ciò vorrebbe essere diversa poichè lo stato in cui si trova non la rende felice. A volte trovo sbagliato classificare “Sete da vampira” come un horror ed in effetti il pubblico si aspetta qualcosa di diverso.

Con quale criterio scegliesti il cast?

Elisabetta Principe mi venne proposta per girare un videoclip. Quando me la vidi in studio rimasi folgorato tanto era affascinante. La sceneggiatura era in un cassetto da tempo, già da “Crystal Operazione Virus” avevo intenzione di girare un lungometraggio sulle vampire ma continuavo a rimandare. Appena vidi Elisabetta le proposi il ruolo, era molto interessata al film ed aveva una notevole conoscenza sulla letteratura “vampiresca”. Devo dire che Elisabetta fu perfettamente all’altezza della situazione nonostante non fosse un’attrice ma una ballerina. Carlo Girelli è un amico che lavorava con me già da 10 anni ed interpretò il protagonista maschile. Solitamente comunque scelgo gli attori in base ad un provino.

In che modo nacque la collaborazione con Nocturno Cinema per la realizzazione del commemorativo “Totally Uncut”, film-intervista a Joe D’Amato?

Eravamo al Mifed 1998 e mi presentarono Aristide Massaccesi. Io ero un suo ammiratore. La fiera stava finendo e Aristide sarebbe dovuto presto rientrare a Roma. Io, Davide Pulici e Manlio Gomarasca di Nocturno Cinema decidemmo di proporgli  una lunga intervista filmata prima di prendere l’aereo che lo avrebbe portato poi a Roma. Così è nato “Joe D’Amato Totally Uncut”, l’unica  testimonianza diretta di Joe d’Amato prima di morire prematuramente.

Cosa pensi del fatto che la stampa si sia occupata poco (e male!) della scomparsa del grande regista romano?

Sono ormai abituato, è stato così per Luigi Pistilli, Lucio Fulci, Bruno Nicolai…tutta gente che ha fatto grande il cinema italiano.

Sbaglio o il previsto “secondo capitolo” di “Totally Uncut” è rimasto inedito?

E’ stato realizzato ma è rimasto inedito. La prima parte analizzava il cinema erotico di Joe D’Amato, la seconda l’horror.

Dopo queste esperienze arriva il corto “Snuff”,anche in questo caso un film molto violento. Hai mai avuto problemi con gli attori nel girare le scene più forti?

Gli attori che scelgo sanno sempre nei dettagli le scene che andranno a fare e quindi per questa mia estrema chiarezza non ho mai avuto problemi.

“Anabolyzer” uscito recentemente in vhs è un film estremo,nel quale la violenza è vista quasi come una liberazione. Eppure ho letto che il film non ti ha soddisfatto pienamente…

Non so dove hai letto queste dichiarazioni ma non è assolutamente vero. Trovo il film perfettamente riuscito pur trattandosi di una piccola produzione indipendente.

Come mai l’idea di ambientare il film in una palestra?

Volevo rappresentare un mondo “freddo e cinico” in un futuro immediato. A partire dalla colonna sonora piuttosto “metallica” del maestro Massimo Numa, dai personaggi che agiscono nella storia (tutti o quasi negativi) e dall’ambientazione fredda quale può essere una palestra di body-building (ricca di attrezzi metallici). Inoltre la palestra era il teatro ideale per una storia di anabolizzanti.

Anche in “Anabolyzer” l’aspetto erotico è importantissimo. Quanto è difficile abbinare i due generi nel momento in cui scrivi la sceneggiatura?

In fondo “Anabolyzer” è un film fumettistico. I personaggi sono “maschere” prive di spessore psicologico in un mondo dove il sentimento non conta più nulla. Anche le scene di sesso sono abbastanza forti ma prive d’amore ad eccezione di una in cui vediamo la protagonista fare l’amore con il suo amante segreto. Per il resto l’amore è la “nudità” sono abbinate a situazioni di violenza e perversione. In un contesto particolare come questo non è stato difficile abbinare i due generi ma necessario.

Parlami del rapporto con le tue “muse” Irene Giordano e Samantha Jameson…

Irene Giordano lavora con me da parecchio tempo (fin dai tempi dei videoclip) e quindi sapevo bene quanto poteva rendere visivamente nel film. E’ una ragazza molto precisa e professionale sul set, non mi ha mai deluso ed in effetti è quella che ha interpretato la maggior parte dei miei film. Samantha Jameson la “provai” in un piccolo ruolo in “Sete da vampira” e capii che aveva delle forti potenzialità. E difatti le sue doti recitative sono andate in continuo crescendo dove credo che in “Il male nella carne” (ancora in lavorazione) stia dando il meglio. Sono comunque entrambe mie amiche.

Il tuo film più recente “Riti e segreti dell’oltretomba”,esplora il mondo delle sette sataniche…..

Si, un film volutamente sopra le righe che vuole sdrammatizzare e contemporaneamente rendere omaggio (ancora una volta) a certi tipi di b-movie anni Settanta un pochino bizzarri e assurdi nella messinscena.

Sappiamo che in cantiere hai già un nuovo film intitolato “Il male nella carne”. Puoi anticipare qualcosa ai lettori di Palcoscenico?

Un horror strano che non gioca molto sull’effettistica come fanno invece “Anabolyzer” e “Abraxas- riti segreti dall’oltretomba”. Posso solo dirvi che questa volta il male è visto come un “morbo contagioso”, ancora una volta in un futuro (o passato?) imprecisati.

Concludiamo con un messaggio “telematico” ai patiti di horror, bmovies ecc.

Non per fare il professore della situazione ma mi sento di lanciare un messaggio soprattutto al pubblico più giovane: “quando guardate un film e vi ha emozionato chiedetevi alla fine perchè vi è piaciuto; ci sono film (la maggior parte di quelli trasmessi in tv oggi) che muoiono con i titoli di coda, altri che ci accompagnano per tutta la vita…ecco…questi ultimi hanno un’anima.”

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